Storia di Ligornetto

La preisoria
Dalle sporadiche visite effettuate da cacciatori in cerca di prede ai primi villaggi costruiti sul nostro territorio dai Celti o Galli e dagli Insubri si passa all’evento dei primi pugnetti di casupole di legno e di sassi di greto di fiumi. Ce ne dà certezza la riscoperta dell’antico villaggio post lacustre nella zona Castello di Tremona.  Nelle lontane epoche della preistoria, la regione, come del resto gran parte dell’Europa, era occupata dal mare. Talvolta queste acque erano profondissime, tal altra poco profonde da formare immense paludi dove viveva una ricca fauna di ittiosauri, i cui resti sono arrivati fino a noi sepolti negli scisti bituminosi di Meride. L’abbondanza di fossili del San Giorgio indica che il rilievo della regione, (non per nulla questo territorio è stato inserito nei siti protetti dall’Unesco) si è preparato nelle profondità oceaniche sottoforma  di depositi alluvionali che sono poi emersi in epoche geologiche posteriori. I ghiacciai del Lucendro e del Rodano, incontratisi nella regione di Airolo, diedero vita a un enorme fiume ghiacciato che, giunto nel Mendrisiotto, a Capolago, si è scontrato con un altro ramo del ghiacciato dell’Adda entrato da Maslianico e diretto verso il Gaggiolo e l’ Olona. Le due forze si sono eliminate e, quando i ghiacciai si sono ritirati, 22 mila anni fa circa, ci hanno lasciato, come testimonianza della loro comparsa, la morena frontale e quelle laterali come le vediamo e che oggi chiamiamo “Campagnadorna“ e colline di contorno. Ma non solo quelle ci hanno regalato. Un più che gradito loro dono sono anche i nostri bei laghi e laghetti, le nostre montagne e soprattutto il nostro bel Mendrisiotto (anche se qui i laghi sono scomparsi). L‘arrivo degli uomini primitivi, ci porta a circa 10 mila anni fa, durante l’età della pietra rozza. Era, la nostra, una zona di transito tra il Lago Maggiore e quelli di Lugano e di Como per procacciarsi il nutrimento. Quindi zona di “passo“ di pesca e di caccia. All’inizio dell’età della pietra levigata la presenza dell’uomo è segnalata grazie ai reperti, trovati in numerosi punti della nostra terra. L’uomo doveva provenire, a piccoli gruppi, dalla Pianura padana e dalle rive dei laghi di Varese, Verbano, Ceresio e Lario. La stazione palafitticola della “torbiera di Coldrerio“, dovette essere abitata, sulla fine dell’epoca neolitica, da una popolazione già progredita e numerosa. Solo agli albori della “civiltà del bronzo” (1800 anni prima di Cristo) il nostro paese avrebbe avuto i primi nuclei stabili di abitazioni. In pochi millenni si passò dal nomadismo dell’uomo cacciatore e predatore al quietismo dell’uomo agricoltore, dalla vita selvaggia del neolitico cavernicolo all’affermazione della proprietà rappresentata dalla capanna, dal bestiame allevato e dai campi coltivati.

Da dove provenivano questi primi abitatori stabiliti nella nostra zona? Nell’età del ferro si distinguono generalmente tre periodi in relazione alla popolazione. Anche i territori di Stabio e di Ligornetto dovettero attirare all’epoca notevoli gruppi di popolazione. Il primo è indicato come “ligure“, il secondo come “etrusco“ e il terzo come “celtico“ o “gallico“. Nella vicinissima frazione di San Pietro di Stabio furono rinvenute alcune tombe ricoperte di rozze lastre di beola. Su queste lastre sono visibili iscrizioni dette nord etrusche. Nel 1857, in occasione di lavori agricoli a San Pietro, venne trovata una lastra lunga 55 centimetri e larga 45. Gli esperti non seppero decifrare l’epitaffio. Questa lapide, 16 anni dopo il ritrovamento, venne venduta al Museo Retico di Coira. Sempre a san Pietro nel 1864 venne trovata un’altra tomba lunga 155 centimetri e larga 53. La scritta sulla tomba, che dal disegno dovrebbe essere di un bambino, si legge da sinistra a destra “MINUKU: KOMONOS”. Anche questa lapide ora si trova a Coira nel museo Retico. Nel 390 avanti Cristo, proveniente dalla Germania Settentrionale, penetrò nelle nostre terre una forte immigrazione di GALLI appartenenti alla grande famiglia dei Celti. Dalla regione, che va dal Giura al Rodano, giunsero da noi gli Insubri, la occuparono e le diedero il nome di INSUBRIA (o Gallia Cisalpina) della quale Milano divenne capitale. La supremazia dei Galli nella nostra terra durò circa 3 secoli. Nel 221 a.C. i Romani, che occupavano la regione Padana, sconfissero gli Insubri impiegando coloni e veterani soldati fedeli a Roma. L’occupazione di Como da parte dei Romani portò anche all’assoggettamento del Mendrisiotto e del Luganese alla Repubblica Romana.

Approfondimenti:
“L’acqua do Peritt“ di Ilio Gerosa di Stabio (anno 1994)
il primo volume del mio libro “Storia di Ligornetto“ (anno 2003).

Arrivano i Romani

Verso il 49 a.C. le truppe romane conquistarono Como e i suoi dintorni inviando verso nord truppe di assalto. I Romani a Ligornetto lasciarono tracce che possiamo ammirare ancora a Stabio, a Castiglione Olona. Si tratta di are a quanto pare vendute per pochi spiccioli dai ligornettesi bramosi di denaro. Nella zona di San Pietro di Stabio nei primi decenni del secolo scorso vennero rinvenute tombe di origine romana con ornamenti vari. Anche nella zona di San Giuseppe di Ligornetto vennero trovate tombe e anche un’ara di epoca romana.   Tre secoli durò, sulle contrade formanti la Gallia Cisalpina, la supremazia dei Galli. Nel 196 a.C. i Romani estesero la conquista sino ai contrafforti delle Alpi. Como non era ancora, un secolo a.C. che un semplice Oppidum (campo trincerato). La conquista delle valli superiori ora ticinesi venne compiuta nell’Anno 15 a.C. sotto Augusto. Sotto il dominio dei Romani le nostre terre vissero in pace assoluta, anche durante le guerre civili. Le terre attorno al lago di Como sino alla Valtellina, alla Bregaglia e a tutta la vasta plaga ticinese, formarono il retroterra di Como. Nell’ organizzazione amministrativa romana furono unite alla XI Tribù, detta “Uffentina“, comprendente all’inizio, oltre a Como, anche Milano e godente della cittadinanza romana. Le lapidi di Stabio, di Ligornetto, di Riva San Vitale, di Carasso, di Locarno, ricordano, infatti, la tribù “Uffentina“, e cittadini insigniti di cariche e possessori di ville e di beni agricoli nel Mendrisiotto, nel Bellinzonese e nel Locarnese. Questa vita municipale durò cinque secoli e lasciò vestigia numerose in tutte le regioni dell’attuale Ticino. Durante l’epoca romana nacquero i primi nuclei urbani organizzati. Il Villaggio, chiamato allora Vicus, formava il primo nucleo, un certo numero di Vicus formava il Pagus. Se all’epoca romana il Vicus formava, già allora, un ente a sé, ed aveva una propria organizzazione, nonché beni goduti in comune tra i Vicini, è chiaro che l’origine di tali organismi doveva essere ancora più antica e precedente alla conquista di Roma. L’esistenza di Vicus (villaggi organizzati) e di Villae (frazioni) è dimostrato dal nome rimasto a numerosi borghi e villaggi come Sonvico, Vico-Morcote, Mezzovico, Viganello, Come pure dalle località di Villa Coldrerio, Villa Luganese, Villa Bedretto, Vigana, frazione di Sant’Antonino e forse Vira Mezzovico ecc. Si può ritenere quindi che in quei beni alpestri goduti con severe norme dai Vicini, abbia avuto la base il Comune rurale ticinese, il Patriziato.  Interessanti cimeli dell’epoca romana vennero scoperti nel 1875 a Locarno e in tutta la plaga dell’alto Lago Maggiore. Vennero scoperte più di 300 tombe che diedero una ricchissima presenza di oggetti di uso domestico, di toeletta, e soprattutto vasi di vetro, gioielli in oro massiccio. Il vetro, proveniente dall’Egitto, ed in genere dall’Oriente, era in uso soltanto tra le famiglie distinte. Non mancano nel Bellinzonese i cimeli di quest’epoca. Nella nostra regione non furono rinvenuti resti di costruzione salvo quelli di un villa a San Simone presso Chiasso ed a Mendrisio un frammento di mosaico ora nel Museo di Lugano. A San Pietro di Stabio, in una proprietà del signor Pietro Realini, si trovarono nel 1937 i resti di una grande villa rustica. Più numeroso è il materiale epigrafico; in primo luogo la bella ed intatta ara che Caio Capellino Sora dedicava a Mercurio scoperta da Benedetto Giovio verso il 1550 nella chiesetta, ora scomparsa, di San Michele presso Ligornetto. L’ ara andò per quasi tre secoli smarrita e ricomparve nel 1849 a Stabio, murata nell’interno della Chiesetta di san Pietro, ed è di valore  documentale ed artistico di primo ordine. Oggi quest’ara è posata all’esterno della casa comunale . A Ligornetto nella Chiesa parrocchiale di San Lorenzo sempre il Giovio trovò un‘ara che nel 1540 venne trasportata a Castiglione Olona nella vallata dell’Olona. Chissà perché? La potente pressione dei popoli nordici, che dalle rive del Baltico scesero verso Roma, determinò lo sgretolamento dell’Impero Romano. E questo smembramento colossale iniziò nel quarto secolo dopo Cristo. Giunsero anche da noi le popolazioni nordiche, chiamate “barbare“ dai Romani.

Villaggio di agricoltori
Fino ala fine della seconda guerra mondiale (1945), Ligornetto fu un villaggio dedito all’agricoltura con colture intensive dalla vite al tabacco, dal mais al frumento. La bachicoltura ha polarizzato l’attività dei contadini per tutto l’Ottocento sino agli anni 20 del XX secolo.

Un agglomerato compatto
Il nucleo del paese vanta case borghesi del secolo XVII e case coloniche con portoni di pietra di Saltrio e corti arricchite da colonne risalenti, alcune al secolo XV.

Gli emigranti
L’emigrazione (stagionale) é stata fortissima sino alla fine della seconda guerra mondiale. Ligornetto vanta un’emigrazione artistica notevole risalente al secolo XVI. I nostri “mastri” con le loro botteghe batterono le vie dell’Europa orientale e centrale ( Germania, Polonia, Boemia e Italia).

Patria di Vincenzo Vela
L’artista che diede fama a Ligornetto fu Vincenzo Vela scultore (1820-1891). La sua casa-studio è divenuta museo di proprietà federale.

Correlati

Quartieri

Ultimo aggiornamento: 26.10.2015